Coronavirus: dobbiamo davvero preoccuparci?


Coronavirus: dobbiamo davvero preoccuparci?

Coronavirus: potenziale pandemia o estremo allarmismo? Come dobbiamo affrontare l'arrivo del virus nel nostro paese? La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale fa chiarezza in merito e propone strategie operative funzionali

Coronavirus: 390 casi e 12 decessi in Italia

L'arrivo e la diffusione del Coronavirus (2019-nCoV) nel nostro paese ha generato due fazioni: da un lato coloro che credono che la pandemia sia dietro l'angolo e dall'altro quelli che invece pensano che il vero problema sia la psicosi generatasi.

Sono molti gli interrogativi che ognuno di noi si pone in questi giorni di emergenza sanitaria nazionale e globale. Quanto è pericoloso il Coronavirus? E' paragonabile ad una semplice influenza? Quali sono i sintomi che devono mettermi in allarme? C'è un modo per prevenire il contagio? Devo procurarmi la mascherina? Ma soprattutto devo davvero preoccuparmi del nuovo Coronavirus? 

Molti sottolineano che sulla base dei dati epidemiologici attuali non ci sono elementi sufficienti a definire il 2019-nCoV un virus più pericoloso dei comuni “virus influenzali”. Altri hanno chiesto di chiarire che cosa differenzi questo coronavirus dai comuni virus influenzali.

La Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) cerca di chiarire alcuni principi di carattere generale, in attesa che i dati epidemiologici e gli esperti infettivologi possano meglio definire la pericolosità del virus.

Coronavirus: il parere dell'esperto

Bisogna ricordare che nei confronti dei virus che circolano da anni/decenni - sottolinea il Dott. Giuseppe Di Mauro, Presidente SIPPS - i sistemi immunocompetenti umani sono in grado di rispondere in modo efficace e adeguato. Nei confronti, invece, di questi virus che hanno fatto il cosiddetto “salto della specie”, da animale a uomo, i nostri sistemi immunocompetenti tendono a reagire in modo pericoloso, sia per eccesso che per difetto”.

Quello che è avvenuto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso - prosegue il Dott. Ernesto Burgio, dell’ECERI (European Cancer and Environment Research Institute di Bruxelles) ed esperto SIPPS - è che molti virus animali sono passati dal loro serbatoio animale/naturale all’uomo: gran parte delle malattie acute emergenti sono infatti zoonosi. Finora questi virus non hanno provocato vere e proprie pandemie essenzialmente perché, per nostra fortuna, non hanno acquisito le mutazioni chiave, in particolare (per quanto concerne gli orthomyxovirus influenzali) nel gene codificante per la proteina in grado di agganciarsi ai recettori delle vie aeree superiori umane. Tutto questo - conclude il Dott. Burgio - per ricordare in caso di diffusione di questi virus, che bisogna agire correttamente in primis per limitarne/rallentarne la diffusione, poi per salvaguardare i sistemi sanitari e proteggere la salute degli operatori sanitari, che si trovano inevitabilmente ad essere i soggetti più esposti.

Al momento non possiamo definire con sufficiente certezza il grado di virulenza del 2019-nCoV con i dati in nostro possesso. A queste necessarie premesse dobbiamo aggiungere, però, che il nuovo coronavirus è caratterizzato da due fattori di rischio che ne rendono estremante difficile il confinamento: il lungo periodo di incubazione, e il possibile stato di portatore sano”.

Coronavirus: le raccomandazione della SIPPS

La SIPPS raccomanda di evitare ogni allarmismo ma di attenersi alle direttive istituzionali, senza iniziative personali inutili e dannose.

Come è stato specificato, non si può parlare ancor di pandemia e le misure restrittive devono essere ragionevoli e commisurate, di volta in volta, ai dati epidemiologici in nostro possesso.

La SIPPS raccomanda inoltre, come unica strategia necessaria ed urgente al tempo stesso, la realizzazione di corridoi preferenziali in cui poter canalizzare i casi o supposti tali nei prossimi giorni o mesi che verranno. Sarebbe opportuno attrezzare nel più breve tempo possibile centri di diagnosi e terapia dedicati, per esempio gli ospedali militari delle grandi città (attualmente quasi inutilizzati) in modo tale da trasformarli in breve tempo in centri di diagnosi, isolamento, e smistamento per i casi necessitanti di terapia intensiva.
E’ importante sottolineare come questa sarebbe la miglior strategia non solo per scongiurare i rischi potenzialmente connessi all’outbreak in corso, ma anche e soprattutto per garantire un intervento rapido ed efficace in caso di qualsiasi allarme analogo dei prossimi anni.

In ogni caso è importante che, allo stato attuale, l'attenzione non sia solo concentrata sull'infezione da COVID-19 perchè in questa stagione il personale sanitario deve far fronte a molte patologie infettive, anche gravi, per cui ogni intervento dovrà essere appropriato ed attentamente organizzato. A tal fine, dovrà essere garantita una puntuale e precisa informazione sull'evolversi della situazione ed ognuno dovrà fare la sua parte: istituzioni, medici e pazienti.

FONTE: Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale

 



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