Tumore della prostata nel giovane adulto

Urologia

Il tumore della prostata è il tumore più diffuso nel sesso maschile e rappresenta la seconda causa di morte per cancro nel maschio. Negli ultimi 30 anni le diagnosi sono cresciute in tutte le fasce di età: conosciamone tutti gli aspetti

Tumore della prostata: sempre maggiore il numero di giovani affetti

Benchè il tumore della prostata sia più comune dopo i 65 anni, negli ultimi 30 anni le diagnosi sono cresciute in tutte le fasce di età, anche sotto i 55 anni, come dimostrato dagli ultimi report epidemiologici.

La diagnosi nelle persone più giovani è di particolare importanza perchè in questa fascia di età l’impatto che sia la malattia sia le terapie possono esercitare sulla vita affettiva, riproduttiva, sociale e lavorativa sono ancor più accentuati.

Al tempo stesso, nel giovane è essenziale il trattamento attivo della malattia perchè la lunga aspettativa di vita determina la necessità di controllare per lungo tempo la malattia. Pazienti giovani con tumore della prostata sottoposti a trattamento radicale (prostatectomia radicale o radioterapia), quando confrontati con pazienti di età compresa tra i 65 e gli 80 anni, hanno una prognosi peggiore, oltre ad avere una risposta minore alla terapia ormonale. Questo può essere spiegato dalla biologia più aggressiva della malattia che può colpire l’uomo giovane.

Tumore della prostata: fattori di rischio

E’ quindi essenziale ottenere una diagnosi precoce per individuare il problema per tempo ed attenuare gli effetti negativi dei trattamenti svolti per malattie in fase più avanzate. E’ quindi opportuno conoscere i fattori di rischio.

Tra questi la storia familiare proprio per tumore della prostata, ma anche alla mammella e all’ovaio. Infatti, i figli di pazienti affetti da tumore della prostata hanno una probabilità aumentata di 2-3 volte rispetto a chi non ha una storia familiare positiva. Il rischio aumenta ancora di più per chi ha più di un familiare colpito. Purtroppo le varianti genetiche coinvolte nel tumore della prostata ereditario sono molteplici e a loro volta variabili e ciò rende difficile eseguire dei test genetici standardizzati, ma questa sarà un possibilità del futuro.

Altri fattori di rischio riconosciuti sono inoltre rappresentati da fattori etnici. Infatti, l’incidenza è più alta nei pazienti afro-americani.

Ulteriore fattore di rischio è l’obesità, purtroppo dilagante tra le popolazioni occidentali, che agisce alterando il microambiente prostatico, abbassando i livelli sierici di testosterone (ormone fondamentale per l’equilibrio delle cellule prostatiche), ed aumentando la concentrazione di fattori di crescita e mediatori dell’infiammazione. Non è un caso, infatti, che la prevalenza del tumore della prostata, negli ultimi 30 anni abbia seguito la diffusione dell’obesità e della sindrome metabolica. È stato inoltre dimostrato che l’obesità è associata a tumori prostatici più aggressivi.

L’infezione da papilloma virus (HPV), sessualmente trasmessa, è stata associata all’ insorgenza del tumore della prostata in pazienti giovani.

Altre condizioni come l’esposizione prolungata a sostanze come il fumo di marjuana, e sostanze chimiche (bisfenolo A e Difenili policlorurati) è stata associata ad altre neoplasie e potrebbe avere un ruolo anche nella patogenesi del tumore della prostata.

Tumore della prostata: fare prevenzione

Uno stile di vita corretto ed equilibrato, evitando l’esposizione ai fattori di rischio, prediligendo l’esercizio fisico, è il primo passo verso la prevenzione. Proprio l’esercizio fisico è stato dimostrato essere protettivo nei confronti del tumore della prostata (così come altri tipi di neoplasie e condizioni cardioascolari), oltre che a garantire una sopravvivenza maggiore nei pazienti trattati per neoplasia prostatica.

Tumore della prostata: diagnosi precoce

Dopo la prevenzione, è fondamentale la diagnosi precoce: le linee guida della Società Europea di Urologia, consigliano lo screening con PSA dopo i 45 anni, se è conosciuta una familiarità per tumore della prostata, oltre che ai pazienti afroamericani, mentre nella popolazione generale il primo controllo del PSA si consiglia dopo i 50 anni. Il PSA non è un marcatore tumorale, ma una sostanza proteica, contenuta nelle cellule prostatiche normali, la cui concentrazione nel sangue può associarsi ad alcune malattie che colpiscono la prostata, sia benigne, sia il tumore. Per questo motivo, una volta fatto il dosaggio tramite un prelievo del sangue, è essenziale interpretare il risultato con il proprio medico: il valore da solo infatti non permette di fare alcuna diagnosi.

Dopo la visita con lo specialista, in caso di dubbio spesso viene eseguita una risonanza magnetica della prostata e, qualora vi siano rilievi sospetti, si può procedere alla biopsia. Questa è una procedura in anestesia locale che permette finalmente di fare una diagnosi certa.

Tumore della prostata: trattamento

Il trattamento si può svolgere con la chirurgia o con la radioterapia. L’approccio chirurgico è generalmente preferito nel paziente più giovane perchè consente una fedele verifica della guarigione nel tempo, ripetendo il dosaggio del PSA che deve risultare indosabile. La malattia in alcuni casi può riproporsi, anche dopo un intervento svolto correttamente, e questo è particolarmente vero nei soggetti più giovani per l’aggressività del tumore, ma soprattutto per il lungo tempo di vita che li aspetta dopo l’operazione. In questi rari casi, dopo un intervento, si può procedere a trattamenti ulteriori, cosiddetti “di salvataggio”, tra cui la radioterapia.

L’intervento si pone l’obiettivo di curare il tumore, ma di non danneggiare funzioni importanti come la continenza e la potenza sessuale: per curare la malattia senza lasciare esiti negativi è indispensabile la miglior tecnologia, ma anche un chirurgo di alta esperienza e un centro ospedaliero dotato di tutte i servizi.

Attualmente la miglior tecnologia è quella robotica, che è diventata la modalità più diffusa per eseguire l’intervento di prostatectomia.

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