L’ipertrofia prostatica benigna

Urologia

Scopriamo i sintomi, le cause e i trattamenti dell'ipertrofia prostatica benigna, una delle patologie più comuni nell'uomo

Ipertrofia prostatica benigna: la prostata

La prostata è una ghiandola della forma e delle dimensioni di una castagna che si trova localizzata subito al di sotto della vescica. Al suo interno passa l'uretra, il canale attraverso cui passano l'urina e lo sperma. La funzione della prostata è di produrre una parte del liquido seminale.

La prostata può andare incontro ad un processo patologico che si chiama Ipertrofia Prostatica Benigna (IPB). Questa patologia si presenta prevalentemente dopo i 50 anni e con l'andare avanti dell'età la sua incidenza aumenta. Oltre la metà degli uomini ultrasessantenni presenta IPB e questa percentuale sale all'80% se prendiamo in esame gli individui con più di 80 anni.

L'IPB è dovuta ad un progressivo ingrossamento della parete centrale della prostata ed in questo processo si determina una compressione dell'uretra che tende ad ostruirsi. L'ostruzione dell'uretra comporta la sintomatologia tipica del paziente prostatico che è la necessità di recarsi frequentemente in bagno ad urinare anche di notte. Questo fastidio deriva dall'incapacità della vescica di svuotarsi completamente. In realtà questo fenomeno è multifattoriale e non esclusivamente dovuto alla crescita della prostata: infatti, alcuni individui pur presentando una prostata molto ingrossata non lamentano sintomi urinari al contrario di altri che per un aumento della contrazione della muscolatura contenuta all'interno della ghiandola prostatica sono sintomatici pur non avendo una prostata di dimensioni superiori alla norma.

Ipertrofia prostatica benigna: sintomatologia

La sintomatologia dell'IPB è caratterizzata da disturbi minzionali irritativi (minzione frequente, minzione notturna e urgenza minzionale) e da sintomi ostruttivi (difficoltà ad iniziare ad urinare, riduzione del flusso urinario, minzione intermittente, sgocciolamento post-minzionale).

Questi disturbi possono avere delle conseguenze sulla vita quotidiana come:

- riduzione del consumo di bevande;

- disturbi dle sonno;

- impossibilità a praticare attività fisica;

- difficoltà negli spostamenti fuori casa;

- riduzione della vita sociale (andare al cinema o a testro).

Ipertrofia prostatica benigna: complicanze

L'IPB comporta inoltre un progressivo deterioramento del basso apparato urinario con ispessimento della parete della vescica, dilatazione degli ureteri fino all'insufficienza renale. Altre complicanze dell'ipertrofia prostatica benigna possono essere: 

- formazione di diverticoli vescicali; 

- calcolosi vescicale;

- infezioni urinarie;

- ritenzione completa dell'urina. 

Quest'ultima comporta la necessità di posizionare un catetere vescicale per svuotare la vescica che spesso non può essere rimosso senza eseguire un trattamento chirurgico della IPB.

Ipertrofia prostatica benigna: valutazione diagnostica

La valutazione dell'IPB avviene con la visita urologica in cui il medico annoterà tutti i sintomi che il soggetto presenta ed eseguirà una valutazione delle condizioni dell'organo (forma, dimensioni, consistenza ecc.) mediante l'esplorazione rettale. Quindi il medico procederà alla prescrizione degli esami diagnostici: esami ematochimici (PSA per valutare il rischio di presenza di un tumore della prostata), ecografia vescicale e prostatica che permette di valutare le dimensioni dell'organo e la capacità di svuotamento della vescica. Altro esame che può essere richiesto è l'uroflussimetria, mediante cui si misura la forza del flusso urinario e quindi in modo indiretto l'ostruzione e l'ostacolo allo svuotamento vescicale. In alcuni casi possono essere necessari altri esami per approfondire la situazione come un esame delle urine, l'ecografia transrettale e l'ecografia renale.

In base alla sintomatologia soggettiva del paziente e all'esito degli esami prescritti l'urologo stabilirà se è indicato un trattamento terapeutico o nel caso di una sintomatologia lieve, il paziente è invitato ad un controllo periodico clinico e laboratoristico per valutare l'evoluzione della sua situazione clinica. Nel caso in cui la sintomatologia sia più marcata e interferisca già con le normali attività lavorative e sociali del paziente l'urologo consiglierà il trattamento necessario. Questo potrà essere farmacologico o chirurgico.

Ipertrofia prostatica benigna: trattamento

Attualmente sono disponibili numerosi farmaci per il trattamento dell'IPB e precisamente ci sono quattro classi farmacologiche: 

- gli alfalitici;

- gli inibitori della 5-alfareduttasi;

- gli inibitori delle fosfodiesterasi di tipo 5;

- i fitoterapici.

I farmaci della prima classe, gli alfalitici,  sono dei sintomatici puri (ovvero gli effetti benefici si apprezzano rapidamente appena se ne inzia l'assunzione e non persistono alla loro sospensione). Il loro meccanismo di azione è legato alla capacità di provocare un rilassamento delle fibre muscolari presenti all'interno della prostata ed in questo modo alleggerendo la pressione che questa esercita sull'uretra.

Gli inibitori della 5-alfareduttasi agiscono in tempi più lunghi ed anche i loro benefici possono persistere per un periodo maggiore alla loro sospensione. Il loro meccanismo d'azione è legato all'inattivazione di un enzima che si trova nella prostata e che trasforma testosterone (l'ormone maschile) in diidrotestosterone (la forma più attiva) e quindi riducendo lo stimolo ormonale sulla prostata che ne causa la crescita. In questo modo, dopo un certo periodo (circa sei mesi), la prostata inizia a ridursi di volume e quindi la sintomatologia minzionale si arresta e poi si riduce.

Gli inibitori delle fosfodiesterasi di tipo 5 (tadalafil) sono farmaci utilizzati per la disfunzione erettile che hanno mostrato di avere un'efficacia anche nella riduzione dei sintomi urinari nella IPB. Il loro meccanismo d'azione è legato all'aumento intracellulare dei livelli di guanosina monofosfato ciclica che determina un rilassamento della muscolatura liscia della vescica, della prostata e dell'uretra provocando in questo modo un miglioramento dei sintomi urinari.

La quarta categoria farmacologica sono i fitoterapici (serenoa repens, pigeum africanum, mepartricina) che con meccanismi d'azione non ancora del tutto chiariti possono determinare un alleviamento più sfumato della sintomatologia dell'IPB.

Chiaramente tutti questi farmaci hanno degli effetti collaterali che vanno illustrati ai pazienti e che principalmente possiamo riassumere in ipotensione e disturbi eiaculatori per gli alfalitici ed in calo della libido e disfunzione erettile per gli inibitori della 5-alfareduttasi. Questi effetti collaterali non si presentano in tutti i soggetti e di solito sono transitori e scompaiono con il proseguimento del trattamento farmacologico altre volte risultano così fastidiosi per il paziente da richiedere la sospensione o la sostituzione del farmaco. In alcuni casi può essere indicata anche una terapia combinata ovvero l'assunzione contemporanea di farmaci di due differenti classi terapeutiche.

Nei casi in cui la sintomatologia dell'IPB è più fastidiosa, o quando ci sono i segni di un deterioramento del funzionamento della vescica o dei reni, o in caso di una ritenzione cronica di urina (paziente con catetere a permanenza) o ancora quando la terapia medica non è più efficace si deve procedere ad un intervento disostruttivo.

Al momento la tecnica più utilizzata e che dà i migliori risultati è la resezione endoscopica della prostata. Questo intervento è eseguito in anestesia spinale ed è finalizzato a rimuovere il tessuto prostatico in eccesso (l'adenoma) e non l'intera prostata.

La resezione transuretrale della prostata (TURP) si esegue introducendo uno strumento (resettore) attraverso l'uretra fino a livello della prostata. Qui sotto controllo visivo mediante una telecamera si procede alla resezione con un'ansa elettrica (il tessuto prostatico è fatto a fettine). Alla fine del trattamento si recuperano tutti i frammenti di tessuto che sono stati tagliati e si inserisce il catetere che permette  la fuoriuscita delle urine e un lavaggio continuo della vescica che serve a portare via il sangue che fuoriesce dalla sede della prostata. Alla rimozione del catetere il paziente è invitato a bere in abbondanza e può lamentare ancora dei fastidi come la necessità di urinare frequentemente con un certo fastidio, ed inoltre è possibile la comparsa di ematuria (sengue nelle urine) nelle tre settimane successive all'intervento che di solito si arresta da sola. Dopo 2-5 giorni si rimuove il catetere e si controlla che il paziente urini spontaneamente così da poter ritornare a casa ma deve osservare un periodo di riposo di circa 3-4 settimane al termine del quale può riprendere tutte le sue attività.

Le principali complicanze del trattamento chirurgico sono l'eiaculazione retrograda che si verifica nel 30-90% dei casi, i disturbi dell'erezione (circa il 5% dei casi) e l'incontinenza (meno dell'1% dei casi).

Esistono dei trattamenti endoscopici alternativi che prevedono l'utilizzo dell'energia laser per procedere all'asportazione del tessuto prostatico in eccesso la cui validità nel lungo termine sembra paragonabile a quella della TURP tradizionale.

Nel caso di prostate molto voluminose con un peso superiore ai 150gr è indicata la tecnica chirurgica a cielo aperto. L'adenomectomia prostatica transvescicale si esegue mediante un'incisione sovrapubica attraverso cui si procede all'apertura della vescica e all'enucleazione dell'adenoma prostatico in uno o più frammenti. Dopo l'intervento si posiziona un catetere vescicale che il paziente dovrà portare per circa 4-7 giorni durante il ricovero. La degenza e la convalescenza sono simili a quella della resezione endoscopica ma comunque con un tempo di recupero prolungato.

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